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Scarcerazione di un assistito dell'Avv. Riccardo Prisciano: era stato aggredito in carcere.


Non tornerà più in carcere il giovane detenuto friulano che, qualche settimana fa, era stato aggredito all’interno della casa circondariale di Via Spalato da un altro detenuto: a decretarlo è stato un provvedimento emesso nei giorni scorsi dal Magistrato di Sorveglianza, dott.ssa Mariangela Cunial.

L’Avv. Riccardo Prisciano, che è stato nominato difensore di fiducia dal detenuto e dai suoi famigliari subito dopo la violenta aggressione patita, esprime profonda soddisfazione per il provvedimento emanato:-<<ringrazio la dott.ssa Cunial per il provvedimento emesso, sintomo che la Magistratura di Sorveglianza qui ad Udine è attenta, preparata, competente e profondamente informata ai principi costituzionali che guardano ad una pena tendente alla rieducazione e non meramente afflittiva, ovvero ispirata a quei principi che vedono nella detenzione in carcere l’extrema ratio dell’Ordinamento. Non vi era più alcun motivo tale per cui il mio assistito continuasse a scontare la pena all’interno di una struttura detentiva>>.

Il giovane è stato sì scarcerato, ma al momento è costretto su un letto d’ospedale <<Molto probabilmente il mio assistito, qualora dovesse riprendersi, non tornerà più come era prima>> dichiara il difensore <<ad oggi pare non riesca a piegare una gamba e i danni cerebrali li scopriremo solo col tempo>>.

La dinamica dell’aggressione, però, pare non essere chiarissima:-<<Sto effettuando una serrata attività d’indagine difensiva, poiché ancora non sono minimamente chiari né le dinamiche, né i contorni di questa vicenda>> commenta l’Avv. Prisciano <<Un primo dato emerso dalle indagini difensive è, ad esempio, quello tale per cui dal referto medico si evince che la gamba del tavolo con la quale è stato colpito il mio assistito era ricoperta da chiodi: non si tratta di lesioni, dunque, ma di un vero e proprio tentato omicidio aggravato dai futili motivi>>.

Secondo il difensore, subito dopo l’aggressione, l’Amministrazione Penitenziaria avrebbe posto in essere un comportamento che il legale reputa ostruzionistico e non collaborativo. <<Già subito dopo la mia nomina a difensore di fiducia ho, purtroppo, dovuto prender atto di come la Polizia Penitenziaria abbia tentato di rallentare la mia attività d’indagine difensiva all’interno dell’Ospedale di Udine: attività poi, ovviamente, autorizzata all’istante dal PM di turno; il giorno seguente” – afferma esterrefatto l’Avvocato Prisciano – “mi hanno addirittura precluso l’accesso ai locali in cui è stato commesso il tentato omicidio, impedendo, con irreversibile pregiudizio per le indagini difensive in corso, a questo difensore di poter documentare lo stato dei luoghi nell’immediatezza dei fatti o quantomeno prima che potessero essere soggetti a mutamento. Ad oggi sono ancora in attesa di conoscere i nominativi degli agenti in servizio quel giorno e di poter ricevere e verbalizzare le loro dichiarazioni testimoniali. Non so come dover decifrare tali comportamenti della Polizia Penitenziaria, che ritengo però ampiamente limitativi della mia attività d’indagine difensiva e, pertanto, arbitrari e gravissimi”.

Ciò che più sconcerta il difensore è soprattutto l’omessa vigilanza della Polizia Penitenziaria: <<Due detenuti che si erano già picchiati, uno dei due entra nella cella dell’altro mentre questo dorme e gli spacca il cranio con una gamba di un tavolo ricoperta di chiodi: dov’era in tutto questo la Polizia Penitenziaria? Com’è possibile che un soggetto, già noto per gesti di violenza all’interno del carcere, abbia potuto agire così libero e indisturbato? Troppe le tinte fosche in questa vicenda: voglio innanzitutto accertarmi che l’Amministrazione Penitenziaria abbia adottato ogni più opportuno accorgimento per evitare tutto ciò, visti anche i precedenti che c’erano stati. In carcere si va per scontare una pena, non per morire. La pena è volta alla rieducazione del reo, non alla sua morte>>.



Fonti:


Messaggero Veneto del 29.08.2023: articolo in foto (sopra).



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